domenica 3 novembre 2019

2^ mossa: SALTATE!!!

"Un bel salto e si è sull'isola pacifica e fiorita della spiritualità. Ma bisogna avere il coraggio di fare il salto, abbandonando la riva, il mondo. Saltare senza pensare se c'è chi può ridere per il nostro salto goffo o deridere per la nostra semplicità di preferire un isolotto solitario al mondo. Saltare senza paura di ferirsi o bagnarsi, o di essere delusi. Lasciare tutto per rifugiarsi in Dio. Mettersi sull'isola separata dal mondo e di là uscirne unicamente per distribuire, a quelli che sono rimasti sulle rive, i fiori e le acque pure raccolti nell'isola dello spirito, dove è un unico albero: quello della Sapienza. Standogli vicino, lontano dai fragori del mondo, se ne afferrano tutte le parole e si diviene maestri sapendo essere discepoli" cap 554 Evangelo Quando ho letto questo brano ho sorriso con il cuore. È sempre più difficile tornare sulla terraferma...

La cura senza psicologo in 2 mosse: 1^ mossa: LA CARITÀ (Amore di prossimo)

L'unico modo che finora ho trovato per sentirmi in pace con me stessa è quello di trovare la pace con gli altri, a costo di rimetterci in termini di orgoglio. Perché è l'orgoglio che mi frega il più delle volte. È la pretesa di avere ragione e far valere le mie ragioni che mi impedisce di raggiungere la pace. È quel "porgere l'altra guancia" che non sempre ci riesce e ci porta a scontrarci tra di noi. È solo guardando il prossimo come noi stessi, è solo amandolo come noi stessi, giustificandolo come uno che amiamo, è solo lasciando a Dio il ruolo di nostro Avvocato , con i suoi tempi e i suoi mezzi non immediati, che si conquista il Paradiso già su questa Terra. È infine dando importanza solo al giudizio di Dio sul nostro operato e non al giudizio che danno di noi altri uomini che si trova la serenità. " Beati i miti perché erediteranno la Terra". E ancora: "Nel turbamento del cuore non parla Iddio. È vero. Ma non necessitano arpe a calmare il cuore. Basta avere la carità, che è l'arpa spirituale che dà note di paradiso. Quando un'anima vive nella carità ha il cuore calmo e sente la voce di Dio e la comprende" (Evangelo,
Maria Valtorta)

sabato 2 novembre 2019

La prova nella malattia come invito a guardare al nostro destino eterno

(Estratto dai Quaderni di Valtorta del 1943)
Dice Gesù: Voi uomini, che riconquistate la salute dopo malattia di morte, non pensate, quando ci pensate, che a ringraziarmi per la ricuperata sanità fisica. Non riflettete mai che quella prova Io ve l’ho data per farvi riflettere che una fine vi attende oltre la quale vi è un inizio, così come il sole calando a sera segna, in fondo, che ha inizio il ciclo per cui verrà una nuova aurora. Ma la vostra aurora nell’al di là non è inizio a giorno di poche ore. È inizio a un giorno eterno. Su questo vuole farvi riflettere la malattia e a questo fine dovreste rivolgere la ricuperata salute. A provvedere a dare a ciò che non muore un giorno di pace. Se sapeste riflettere a questo, quante prede perderebbe l’inferno! Ma di solito fate mal uso della salute che vi concedo e degli anni che aggiungo alla vostra esistenza per questo scopo. Nella malattia vi impazientite, vi sconfortate, cessate molte volte di pregare dicendo: “È inutile che lo faccia. Tanto è stato Dio a mandarmela, e a che pro gli chiedo di togliermela?” Guariti, non avete un pensiero per Colui che vi ha reso la sanità. Con la vostra incongruenza e con la vostra ingratitudine irrispettosa fate a Dio colpa di mandarvi le malattie, ma non gli fate merito di levarvele. Se pensate che Egli dà il male, perché non pensate che deve potere dare il bene? È anzi il contrario, figli. Il male, quale che sia, ha per 99 parti origine da voi stessi e il bene ha un’unica fonte: Dio. Dio che ispira e illumina chi vi cura, Dio che vi allunga le giornate per dare tempo ai medicamenti di agire e aumenta le resistenze per dare al corpo la possibilità di reagire, Dio che con volontà istantanea vi può far sorgere risanati, contro ogni speranza e fuori da ogni altro aiuto, per un suo imperscrutabile motivo. Ma prima di giubilare per la gioia d’esser guariti, dovreste giubilare per la possibilità che Dio vi concede di riparare agli errori antecedenti alla malattia e lavorare per meritare la vita che non muore. Io opero per liberare l’anima vostra dalla perdizione e col mio amore cancello i vostri peccati sempre sperando in voi. Voi... che fate voi? Rendete amore per l’amore che ricevete e divenite “vivi”. Esser “vivi” non vuol dire esser di questo mondo: vuol dire essere nel Signore. Vuol dire possedere la Grazia e avere diritto al Cielo. Vivo non è chi respira, mangia e dorme con l’anima morta: costui è spoglia già putrefacente prossima a cadere, come fico infracidito sul ramo, nella fossa il cui fondo è l’inferno. Vivo è chi, anche se agonizzante nella carne, possiede la “Vita”, ed anzi a misura che cessa di qua la vitalità si approssima e cresce in lui la “Vita vera”. Vivo è colui che, mentre spira, già arpeggia le lodi che canterà eterne al Signore e, mentre le tenebre scendono sulle sue pupille, vede sempre più nitido, con gli occhi dello spirito, il volto del Padre. Vivo è colui che risanato da malattia umana si sente riscatto del suo Signore e a Lui dedica ogni suo moto. Vivo è chi conosce la Verità e sopra tutte le gioie umane e le umane ricchezze vuole questa Gioia e questa Ricchezza: la Verità. E per tutti i suoi giorni si dedica a possederla, perché la conoscenza di essa ha messo in lui la sete santa di conquistarla.